17.4.20

pensieri.

E lo so che sono strana, maledettamente paranoica e perfezionista. Insoddisfatta delle mie giornate e stanca di trovare difetti in qualsiasi cosa io faccia. Eppure non posso scappare da questa condizione. Sono fatta così, cerco sempre quel qualcosa in più, quel qualcosa che non ho, quel tempo perso, quell’ora inutilizzata, quella parola non detta, quella persona lasciata andare. 
O è bianco, o è nero. Nero pece di solito, quel nero che non ha sfumature. Che poi di Bianchi c’è ne sono fin troppi. Bianco panna, bianco avorio, bianco perla.. troppi. No, non fanno per me. 

Scivolano lungo il mio corpo le goccie d’acqua, calda e quasi ustionante. Come sempre mi pervade una sensazione di malinconia, tante volte ho provato a razionalizzarla, a capirne l’origine e a darci un senso, ma non ci sono mai riuscita. Ogni volta che mi spoglio e che mi fiondo sotto quel getto della doccia mi sento come avvolta da una solitudine, che poi diventa tristezza, la mancanza di qualcosa, come se l’acqua potesse toglieremi di dosso qualcosa. 

Continuo a guardare indietro, alla ricerca dei miei errori, di quello che non sono e sono stata, cercando di capire chi ero e chi sono davvero. Ho la  mente ormai divorata dai tarli, piena di buchi comunicanti tra loro, congetture e ragionamenti collegati da sottili fori. I pensieri scorrono veloci da una parte all’altra toccando tutti i ricordi che uno alla volta tornano a galla. Non esiste un interruttore per fermare tutto questo? Un pulsante per spegnere la mente? No, neppure mentre dormo tutto questo ha un fine, anzi, spesso è proprio durante la notte più profonda che i pensieri si fanno più limpidi e scivolosi. Come acqua scorrono veloci ed io non posso fare nulla per controllarli. 

Ogni sera, quando mi stendo a letto, spoglia sotto le lenzuola, mi accarezzo le braccia, mi stringo a me e mi ripeto che un altro giorno è passato, e che domani andrà meglio, che potrò continuare ad essere ciò che sono, che non ho bisogno di cambiarmi. Eppure ho sempre paura di sbagliare, di essere una persona troppp difficile, incompleta, incasinata e continuamente in bilico tra diverse me. 

Dovrei imparare a chiuderli certi libri, a non riaprirli mai più, perché se non ho mai finito di leggerlo è perché non mi andava, perché non mi piaceva la trama o perché forse un colpo di vento mi ha fatto perdere il segno. E chi mai vorrebbe riprendere un libro da dove l’aveva lasciato se son passati mesi dall’ultima volta che l’aveva letto?



12.4.20

12.4.2020

Non mi sono alzata con il piede giusto, probabilmente il tragitto dal letto al divano questa notte è stato un po’ turbolento, fatto sta che nonostante fuori il sole stia splendendo e convinca tutte le persone dei condomini ad essere felici e sorridenti, con la bocca piena di cioccolata e i livelli di serotonina alle stelle, io, da buona sociopatica quale sono diventata ultimamente (o forse lo sono sempre stata un pochino..), non ho voglia di fare un emerito cazz. Excuse-moi per il francesismo ma stamane va così.

Se un paio di mesi fa mi avessero detto quello che mi aspettava sono certa che avrei gettato la spugna. Chiuso qualsiasi tipo di rapporto con qualsiasi persona, fatto scorte per un mese di uova, frutta secca e pollo, caffè, libri e penne bic, le uniche che mi fanno rilassare quando le uso. Un tratto sottile e indelebile il loro che non lascia margine di errore, eppure così delicato e potenzialmente ricco di mille sfumature se usato correttamente. Dicevo, mi sarei barricata in casa senza la voglia, senza la nostalgia, senza la malinconia della solitudine. Solo io me me stessa.
Probabilmente passerò la giornata con le cuffiette alle orecchie oggi, le voci e le risate dei vicini sono come aghi tra le costole, sottili e lucenti ma dannatamente dolorosi. 
Non ho preparato il pranzo, non ho preparato la cena anche se con tutta la roba che ho in frigo potrei sfamare almeno quattro o cinque famiglie con figli. Non ho voglia, non ho voglia di nulla, o forse di tutto quello che in questo momento non posso avere. 
Non capisco proprio cosa ci sia di tanto bello da festeggiare oggi. Le vostre tavole piene di lasagne, pollo arrosto, patate e timballi. Colombe e focacce che stanno per essere decapitate e smembrate per fiondarsi sotto le fuaci dei bambini che schiamazzano giù in cortile. In realtà forse quello che mi manca di tutto questo tram tram è lo Zibibbo. Si, quel vino liquoroso che si beve solo in certe occasioni. Ah, e i cantucci. Amo, amo alla follia i cantucci. Ecco il mio pasto potrebbe essere fatto più o meno così. Biscotti, vino e un buon amaro seguito dal caffè. O viceversa fate un po’ voi. Ma di tutto questo ho solo del Montenegro in frigo, e berlo da sola non ha senso, non è manco divertente. Avrei anche voglia del Disaronno, così stucchevole e mieloso, alcol mascherato, roba da femminucce ma pur sempre roba buona. 
E invece nulla di tutto questo, il mio sguardo cade sul tavolo dove mi aspettano i miei 3/4 litri d’acqua da bere durante la giornata, l’alcol lo teniamo per altre occasioni. Affianco alle bottiglie un calendario, con i giorni sbarrati, uno alla volta per contare quelli di quarantena e di dieta più o meno pulita che sto facendo. A seguire due flaconcini di amuchina, un paio di mascherine, una candela, due accendini, un pacchetto di Philip Blue quasi giunto al termine e una scatolina, sorvegliata dal piccolo Buddha, a cui penserò stasera, l’unica gioia della giornata. 

Alzo il culo dal divano e vedo di mettermi a fare qualcosa, auguri a voi che festeggiate questo giorno, mangiate anche per me.

Silvia

11.4.20

quarantena.

Me la immaginavo diversa, la Pasqua, quest’anno. E non tanto per la domenica in sè perché sarà una semplice domenica primaverile, come tante altre. Ma ero convinta che sarei stata stanca, con le dita sporche di cioccolato, nauseata dalle uova e con i polmoni pieni zeppi dei coloranti e del burro di cacao che ogni anno spruzziamo per colorare i soggetti pasquali. Orsi, conigli, rane, api, cavalli.. qualsiasi cosa posa contenere un mini regalo. Sfere e semisfere, incollate tra loro, per dare forma a diversi animali. Carini, abbastanza costosi in termini di tempo e denaro, però, mi tocca ammetterlo, sono davvero carini. 

Mi ero immaginata un uovo bigusto, fondente e bianco, con all’interno tanta granella di pistacchio da far venire le bave alla bocca a chiunque, pure a me che il pistacchio manco piace. Avevo anche pensato per un po’ a cosa avrei potuto metterci dentro..
Mi immaginavo i giorni prima della festa passati a svegliarmi presto, che si sa i lievitati decidono loro i tempi e come ogni anno pensavo mi sarei ritrovata a fare i turni a lavoro, dall’alba al tramonto, a guardare la tuffante rigirare gli impasti, tra un cigolio e l’altro, e a formare le colombe, a ricoprirle di glassa, mandorle e granella di zucchero.

Già, me la immaginavo completamente diversa.
Per non parlare della Pasquetta, tanto attesa ogni anno.. comunque non vedo l’ora passino questi due giorni, anzi farei direttamente un salto a maggio. Che di tempo ne ho già perso abbastanza..

Constatato il fatto che questo non è decisamente il mio anno fortunato visto tutto quello che mi è capitato fino ad oggi, vorrei solo potermene stare per un po’ lontano dai miei pensieri.

Passano le giornate lente e noiose. Il sole caldo e limpido entra dalle finestre e mi ordina ogni mattina di alzarmi dal letto. Le gambe pesanti oppongono un po’ di resistenza ma la mia dipendenza dalla caffeina mi da la forza di alzarmi ed arrivare alla moka. È tutto automatico, come un mantra preparo la mia dose e nel silenzio più totale assaporo quello che credo essere il mio gusto, aroma e profumo preferito. Amaro e macchiato con una goccia di latte di mandorla.
I miei pensieri scorrono sempre troppo veloci e confusi e alle volte la mia mente mi regala l’occasione di ricordare i sogni notturni. Sogni strani, sogni misti a ricordi. È come rileggere dei capitoli di un libro che hai chiuso da tempo. Scopri dettagli nuovi e non sai mai se siano veri o solo frutto della tua altrettanto strana fantasia.
Lascio che le giornate scorrano lentamente. Amo starmene a letto ad ascoltare i discorsi dei vicini. Mi diverto a cercare di capire cosa stanno facendo solo ascoltando i rumori provenire dal piano di sotto o dal muro della cucina. Ogni tanto il Gatto richiama la mia attenzione, ha fame, sta all’ingrasso pure lui come il resto delle persone in quarantena. Penso trovino rassicurazione nel cibo.. passano le loro giornate barricate in casa in compagnia di un lievito madre a cui hanno addirittura dato un nome. Strana la gente..
Sto guardando pure un anime. Io che di cartoni giapponesi non ne ho mai guardato neanche mezzo. Una serie di Netflix un po’ macabra in effetti.. mi mancava questa sfumatura del mio carattere che penso sia tornata a galla per via della solitudine forzata decisamente troppo lunga. 

Non ho ancora iniziato a parlare da sola, il che credo essere una cosa positiva visto e considerato che comunque parlo poco anche al cellulare e mi riservo di scrivere qui solo quando ne ho davvero bisogno.

Sto cercando di riordinare le idee ma più ci provo e meno ci riesco. È tutto così dannatamente surreale. Cerco di essere razionale, di pensare al dopo, ma non riesco ad immaginarlo perché non so neanche quando e se mai ci sarà un dopo. Allora provo a pensare al presente e a ciò che mi appartiene. Ma nove volte su dieci finisco con il perdermi tra i sogni e le occasioni perse, così concludo sempre con il mandare a fanculo tutto, infilarmi le cuffiette e accendere Spotify. Se in tutto questo mi avessero lasciato la possibilità di andare a camminare giuro in questo momento sarei già almeno al terzo paio di scarpe.

Respiro. Spengo la luce e mi metto a dormire. Cioè chiudo gli occhi e appoggio la testa al cuscino. Le gambe piegate a formare un quattro, via i calzini e sto. Come sempre, ci si prova a dormire, tanto ormai è solo un’illusione, un paio d’ore in meno in cui pensare prima dei soliti risvegli biologicamente preimpostati durante la notte. 

La gente è strana ma mi rendo conto che io non sono da meno. 

Silvia