7.1.20

new capter

Un piccolo smile mi fa l’occhiolino mentre tu dormi da ormai un paio d’ore accanto a me. Le lenzuola verde bottiglia e delle piume arancio slavato ti avvolgono dolcemente. Le tapparelle abbassate in una stanza senza orologi mi fanno perdere la cognizione del tempo. Eppure basta che ci penso qualche secondo e più o meno so sempre che ore sono, a volte sbaglio di qualche minuto ma spesso e volentieri c’azzecco senza troppe difficoltà. È una cosa che mi viene naturale, è come se avessi un orologio interno che scandisce i minuti e mi fa tenere sotto controllo anche quello.
Tu sotto le calde coperte, gli occhi un po’ stropicciati ma un volto sereno e tranquillo nonostante abbia addosso qualche ruga di malinconia per l’imminente rientro a casa..

Adoro guardati in silenzio mentre non te ne accorgi, l’unico momento in cui non stai controllando tutto quello che accade intorno.
Sei piccole stanze, un corridoio che fungeva da discoteca e una terrazza il cui pavimento era ormai ricoperto di cenere di ogni tipo. 

È tutto strano, sono appena rientrata in casa base, nel mio mini appartamento, sono sola, in compagnia del silenzio che in realtà non mi è mancato neanche un po’ in questi giorni. A tratti mi sembra ancora di sentire la tavola attaccata ai piedi, la neve fredda che mi gela le chiappe, l’aria che mi scompiglia i capelli e tutte le risate che ci siamo fatti ogni minuto passato lassù. Mai riso così tanto, di gusto, riso fino ad avere mal di pancia. 

Non credevo ne sarei stata capace. 
Così tanto tempo lontana da casa, con gente che neanche conoscevo, senza uno schema, in montagna, senza dieta, senza allenamento, senza tutte le mie certezze, eppure mi sono fidata, di me, e di te, e, non ci sono parole per descrivere questa sensazione.
Soddisfatta, triste, felice, un po’ malinconica, ma sicura e rilassata. Infreddolita dalla casa fredda e dall’umidità padovana, le labbra screpolate e i lividi sulle gambe che la neve non è poi tanto clemente quando si tratta di incontri ravvicinati anche a basse velocità. Le spalle e il collo doloranti ma un volto decisamente rilassato e leggero. Solo il volto, che qualche chilo di schifezze mangiate mi ha alleggerito la mente e appesantito un po’ lo stomaco ma per questo avrò tempo di sistemarmi. 
Gli occhi brillano, brillavano su in Marmolada, brillavano di stupore davanti a tanta meraviglia, davanti ad un paesaggio che ti spiazza, davanti a quei gesti che non ti aspetti. 

Tremo ancora un po’ se ci penso. 
Perché non mi aspettavo nulla del genere, perché era tutto perfetto prima e ora ancor di più.

Stupitele le persone, con piccolo o grandi gesti, fate ciò che non si aspettano, donate loro il vostro tempo, i vostri sorrisi, un abbraccio. 
Sono dannatamente smielosa lo so, ma sono con troppo felice. E sono me stessa. Con i miei momenti no, le mie notti insomma, le mie sveglie con la luna storta, con i coglioni girati quanto non riesco a fare quel che voglio e con la continua voglia di cucinare qualcosa di buono, con il disordine in camera, con il trucco sbavato, con la mania delle foto, con la mia curiosità di una volpe anche se tante volte sono ignorante con una capra. Io senza senso dell’orientamento, io formichina, io che vorrei sempre ottenere tutto e subito. Semplicemente me.

Scorrevano le cataste di legna rivestite di bianco, i tetti delle casette che profumano di resina ai bordi delle strade sembrano non mostrare alcun cedimento nonostante il peso che portano sulle spalle. Attorno una vegetazione spoglia, alberi distesi, stanchi di sostenere la neve che si è ormai sciolta e se ne sta tornando a casa con noi. Un lago ghiacciato ai piedi delle montagne funge da pista per papere e cigni che incuranti del freddo sguazzano e giocano agli occhi dei passanti che si fermano a fare qualche foto e a lasciar loro qualsche briciola di pane vecchio tra le risate dei bambini e i ricordi dei vecchi. Mi chiedo cosa pensa la gente vedendo tanta meraviglia, cosa torna a loro in mente..
Rientro in appartamento, queste mura spoglie e silenziose mi tengono compagnia mentre la mia testa ha già ricominciato a lavorare a pieno ritmo. Gli impegni delle settimane che mi aspettano, le persone da andare a salutare, la lavatrice che macina i giri a pieno ritmo, valigie sparse per le stanze e il pranzo per domani già sui fornelli. 

L’unico valido motivo per lasciare un posto è perché si ha là certezze di potervi ritornare. 
E io lassù non vedo l’ora di tornarci.

Silvia